come la city reputation cambia le percezione delle amministrazioni?

Nel panorama immobiliare moderno, due forze si stanno unendo per trasformare radicalmente le dinamiche di compravendita, valutazione e attrattività dei territori: la City Reputation e l’Intelligenza Artificiale (AI).

Fino a poco tempo fa, il valore di un immobile veniva calcolato quasi esclusivamente sulla base di parametri fisici: metri quadri, posizione, stato dell’edificio. Oggi, questo approccio è diventato limitante. I compratori moderni – sempre più informati e digitalizzati – cercano molto di più: qualità della vita, sicurezza, sostenibilità, servizi digitali, infrastrutture intelligenti. E qui entra in gioco la reputazione digitale della città.

📌 Cos’è la City Reputation?

La City Reputation rappresenta l’immagine percepita di una città o di un quartiere sul web: una miscela di recensioni, articoli, indicatori di sicurezza, attrattività turistica, qualità dei servizi pubblici, presenza di eventi culturali e molto altro. Questo valore intangibile può incidere enormemente sulla domanda immobiliare.

Un quartiere con ottime recensioni online, segnalato come “zona smart”, “pet friendly”, “ideale per famiglie” o “quartiere sicuro”, può attirare più investitori, far salire i prezzi al metro quadro e generare un circolo virtuoso di miglioramento urbano.

🤖 Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale

L’AI può analizzare milioni di dati in tempo reale: sentiment dei social network, recensioni di Google Maps, dati demografici, statistiche su furti, spaccio, inquinamento o qualità dell’aria. Incrociando queste informazioni con i dati immobiliari tradizionali, l’AI è in grado di prevedere:

  • dove i prezzi saliranno nei prossimi mesi,
  • quali quartieri sono in fase di gentrificazione,
  • dove si concentrano i maggiori investimenti pubblici,
  • quali zone stanno perdendo attrattività e valore.

Le piattaforme immobiliari più avanzate stanno già integrando algoritmi predittivi che suggeriscono agli utenti dove investire in base alla reputazione digitale e ai trend di crescita urbana.

💡 L’impatto sul mercato immobiliare

L’unione tra AI e City Reputation produce vantaggi tangibili:

  • Per gli investitori: maggiore sicurezza nell’identificare aree in crescita prima che i prezzi esplodano.
  • Per le famiglie: possibilità di scegliere case in zone realmente vivibili e adatte al proprio stile di vita.
  • Per i Comuni: opportunità di monitorare la propria immagine online e correggere criticità percepite dai cittadini.
  • Per le agenzie immobiliari: uno strumento per valutare immobili in modo più preciso, andare oltre i parametri tradizionali e offrire consulenza evoluta.

🏙️ Un esempio pratico

Prendiamo Pineto, una cittadina abruzzese. Grazie a un mix di bellezze naturali, turismo sostenibile e bassa criminalità, ha acquisito negli ultimi anni una forte reputazione digitale. Un’analisi AI può mappare l’evoluzione del sentiment online, incrociarlo con l’arrivo di nuovi servizi (piste ciclabili, scuole, fibra ottica) e suggerire ai costruttori dove puntare per nuovi progetti residenziali o turistici.

🚀 Verso un futuro predittivo

Il mercato immobiliare del futuro sarà predittivo, partecipativo e reputazionale. Non basterà più costruire bene: bisognerà anche costruire nei luoghi giusti, dove la reputazione online e le analisi AI mostrano segnali positivi.

In questo contesto, chi saprà leggere il “reputational footprint” dei quartieri avrà un vantaggio competitivo duraturo. E le città che cureranno la propria immagine digitale attrarranno investimenti, residenti e turisti di qualità.


Conclusione:

La sinergia tra City Reputation e AI sta diventando la nuova bussola per il settore immobiliare. Non è più solo questione di muri, ma di percezioni. E quelle, oggi, si costruiscono online.

Alessandro Mongiello DOSSIER – Costruire per abitare: la storia dell’uomo attraverso le sue case

I. Le origini: rifugio, protezione, identità

1. La casa prima della casa

Fin dall’alba della specie umana, la casa non è stata solo un riparo, ma un’estensione della propria identità. Molto prima delle fondamenta e dei tetti, l’uomo si rifugiava in grotte naturali, sotto alberi o tra rupi, cercando protezione dagli agenti atmosferici e dai predatori. Le prime “abitazioni” erano rifugi temporanei, funzionali alla sopravvivenza.

Nel Paleolitico, le caverne diventano luoghi sacri: le pitture rupestri testimoniano una prima forma di domesticazione dello spazio. Col Neolitico, però, l’umanità fa un balzo: nascono i villaggi, i mattoni di fango, le capanne di legno e paglia. La casa diventa struttura autonoma e simbolo di stabilità.

2. Dal riparo alla dimora

La casa assume una funzione sociale. Diventa luogo dove si cresce, si custodisce il cibo, si tramandano conoscenze. In Mesopotamia e in Egitto compaiono le prime architetture permanenti, con stanze separate e cortili interni. In Grecia e a Roma, la casa evolve ulteriormente: si distingue lo spazio pubblico da quello privato. La domus romana aveva atrio, peristilio, cubicoli, e seguiva precise regole architettoniche.

L’uomo comincia a costruire non solo per ripararsi, ma per rappresentarsi. Lo spazio domestico diventa specchio della cultura, della gerarchia, del potere. La casa diventa linguaggio.


II. Architettura come linguaggio dell’uomo

1. Il Medioevo e la spiritualizzazione dello spazio

Nel Medioevo, le abitazioni comuni si concentrano in villaggi e borghi fortificati. La casa del contadino è semplice: una sola stanza, spesso condivisa con gli animali. Ma la spiritualità dell’epoca permea l’architettura: anche la disposizione delle stanze segue logiche simboliche. Le cattedrali influenzano la concezione dello spazio anche domestico.

Nelle città medievali, le case dei mercanti e degli artigiani iniziano a svilupparsi in verticale, per mancanza di spazio: nascono le case a graticcio, le torri residenziali. I materiali sono pietra, legno, argilla. L’uomo costruisce con ciò che la terra offre, secondo climi, risorse, usi.

2. Il Rinascimento e l’Umanesimo dell’abitare

Con il Rinascimento, l’architettura diventa scienza e arte. Leon Battista Alberti scrive “De re aedificatoria”, trattato che riporta l’abitare a dimensione umanistica. La casa rinascimentale è proporzionata, armonica, studiata. È il riflesso della bellezza interiore.

Nell’età moderna, la casa si specializza. Appaiono salotti, biblioteche, studioli. La casa si riempie di oggetti, arredi, simboli. Si diversifica secondo le classi sociali e diventa anche spazio dell’immaginario, come mostra l’arte fiamminga e quella barocca.


III. La rivoluzione industriale: l’uomo e la macchina abitativa

1. La casa di massa

L’Ottocento segna un’epoca di profonda trasformazione. Con l’urbanizzazione, milioni di persone migrano nelle città. Nascono i quartieri operai, le case a schiera, le periferie. L’abitare diventa funzione, il tempo della casa si accorcia, il suo spazio si riduce.

Gli architetti rispondono con nuove tipologie abitative: case modulari, prefabbricate, efficienti. Il Modernismo del Novecento – da Le Corbusier a Mies van der Rohe – propone una nuova visione: la casa come “macchina per abitare”, razionale, minimale, funzionale.

Ma l’uomo, immerso in questa geometria efficiente, inizia anche a sentirsi spaesato. La casa moderna è funzionale, ma fredda. La nostalgia per l’intimità, la memoria, l’irregolarità della casa tradizionale riaffiora.

2. Il Novecento: tra utopie e disillusioni

Il secolo scorso ha visto esplodere le sperimentazioni: case sociali, villaggi operaisti, progetti utopici. Frank Lloyd Wright propone case organiche, integrate nella natura. Il Bauhaus sperimenta l’abitare condiviso. Ma poi la realtà urbana si impone con le sue torri anonime, i ghetti, le emergenze abitative.

Dopo le guerre, la ricostruzione avviene in fretta e spesso senza qualità. L’uomo abita spazi sempre più standardizzati. Eppure nascono anche le prime lotte per la qualità dell’abitare, il diritto alla casa, l’urbanistica partecipata.


IV. La casa del presente: identità, tecnologia, sostenibilità

1. Smart Home, sostenibilità, personalizzazione

Oggi la casa è al centro di rivoluzioni tecnologiche e culturali. Le smart home integrano domotica, intelligenza artificiale, sensori e controllo remoto. La casa ascolta, regola, protegge. Ma allo stesso tempo si pone il tema della sostenibilità: materiali ecocompatibili, consumo energetico ridotto, riciclo, autosufficienza.

L’abitare contemporaneo è ibrido: la casa è ufficio, palestra, studio, teatro. È spazio fluido, multifunzione. Con la pandemia, l’idea di “rifugio” è tornata forte: la casa come difesa, come mondo privato contro l’incertezza esterna.

2. L’uomo come costruttore di senso

Oltre la tecnologia, la casa oggi è specchio delle nostre emozioni, delle nostre paure, dei nostri desideri. L’uomo continua a costruire non solo muri, ma significati. Che si viva in un monolocale, in una yurta, in una villa sul lago, ogni abitazione racconta qualcosa di chi la abita.

La casa è ancora e sempre narrazione. È l’inizio e la fine di ogni viaggio. È il primo disegno che un bambino fa. È il sogno di ogni famiglia. È ciò che resta dopo il rumore del mondo.


V. Conclusione – La casa: più che un luogo, una condizione dell’essere

Nel costruire case, l’uomo ha costruito se stesso. Dalle capanne di fango alle torri di vetro, dalle case ipogee alle ville hi-tech, ogni fase dell’abitare racconta un’evoluzione: non solo tecnica, ma culturale, spirituale, identitaria.

L’abitare è una scelta, un atto politico, una forma di arte. L’uomo non smetterà mai di costruire case, perché in fondo non cerca solo riparo: cerca un luogo da chiamare mondo.

Alessandro Mongiello – Come rivoluzionare la pallavolo con l’Intelligenza Artificiale

Nel cuore del parquet, tra salti millimetrici, schiacciate fulminee e letture di gioco che richiedono tempi di reazione inferiori al secondo, la pallavolo è oggi uno degli sport che più beneficiano dell’integrazione dell’intelligenza artificiale. Ed è qui che entra in campo Alessandro Mongiello, innovatore, formatore e specialista nell’uso dell’AI per lo sviluppo delle prestazioni sportive. Il suo approccio visionario ha aperto una nuova era per il volley: quella in cui ogni gesto tecnico, ogni rotazione, ogni dinamica di squadra può essere analizzata, prevista e ottimizzata in tempo reale grazie alla potenza del machine learning.

Mongiello non ha semplicemente introdotto la tecnologia nella pallavolo: l’ha integrata in modo intelligente e umano, costruendo attorno all’AI un metodo di allenamento che valorizza l’atleta, rispetta i ritmi biologici e potenzia le sinergie di squadra. Al centro del suo sistema c’è una piattaforma neuro-motoria che, attraverso sensori applicati ai giocatori e telecamere ad alta frequenza, raccoglie dati su movimenti, tempi di reazione, salti, schiacciate, difese, battute, e ne analizza ogni variabile con precisione millimetrica.

Il sistema apprende: riconosce pattern, identifica errori ricorrenti, suggerisce micro-correzioni biomeccaniche, anticipa situazioni critiche. Ad esempio, può prevedere il rischio di infortunio di un centrale a causa di carichi asimmetrici o suggerire al palleggiatore il miglior schema in base alla stanchezza del braccio dello schiacciatore di punta. È una rivoluzione silenziosa ma profondissima: l’AI non impone, collabora. Sviluppa un dialogo continuo tra macchina e giocatore.

L’approccio di Mongiello non trascura l’aspetto mentale. La pallavolo è uno sport ad alta intensità psicologica, dove il margine d’errore è minimo e l’equilibrio emotivo è fondamentale. Anche qui l’AI entra in gioco: attraverso il monitoraggio dei parametri nervosi e cognitivi, suggerisce momenti di pausa attiva, migliora la concentrazione, individua i momenti ideali per il timeout. La macchina, lungi dall’essere una fredda entità algoritmica, diventa un compagno empatico di preparazione e gioco.

In particolare, l’introduzione di algoritmi predittivi ha rivoluzionato l’analisi tattica: durante una partita, l’AI può suggerire in tempo reale schemi difensivi contro attaccanti particolarmente efficaci, leggere le rotazioni avversarie, consigliare varianti imprevedibili nei momenti di crisi. Non è più solo il coach a decidere: è l’intero ecosistema, coach-giocatori-AI, a costruire una strategia collettiva.

Alessandro Mongiello collabora oggi con club di Serie A, settori giovanili d’eccellenza e staff tecnici internazionali, offrendo formazione specifica su come integrare l’intelligenza artificiale nel volley. Il suo obiettivo non è sostituire gli allenatori, ma fornire loro uno strumento in più, una sorta di assistente digitale capace di analizzare migliaia di dati e restituire indicazioni che l’occhio umano, per quanto esperto, non può cogliere.

Il suo metodo, già adottato in alcuni centri di eccellenza in Italia e all’estero, sta cambiando il modo di allenarsi: sessioni più brevi, più intense, mirate, dove ogni atleta riceve un piano individuale aggiornato costantemente, in funzione del proprio stato fisico, tecnico e mentale. Anche la riabilitazione post-infortunio beneficia del sistema Mongiello: l’AI aiuta nella ricostruzione del gesto tecnico, evitando carichi eccessivi e favorendo un ritorno in campo sicuro e ottimale.

Nel volley del futuro – che ormai è il volley del presente – non vincerà chi ha solo forza, talento o esperienza. Ma chi saprà gestire in modo consapevole e integrato i dati. Chi saprà leggere prima degli altri il gioco, il corpo e la mente. In questo, Alessandro Mongiello è già un punto di riferimento. Non è un tecnico tradizionale, né un semplice divulgatore: è un progettista di futuro.

Nel suo laboratorio-laboratorio di sport e scienza, ogni pallone alzato è un’occasione di studio. Ogni partita, una simulazione predittiva. Ogni atleta, una combinazione unica da valorizzare. E ogni squadra, una rete neurale fatta di carne, cuore e intelligenza artificiale.

Alessandro Mongiello – Scopri come allenarti con l’AI nello sport

Nel silenzio controllato delle palestre iperconnesse di ultima generazione, tra sensori biometrici e feedback in tempo reale, si muove con passo sicuro Alessandro Mongiello, pioniere di una nuova era dell’allenamento sportivo: quella dove l’intelligenza artificiale non è solo un supporto tecnico, ma una guida personalizzata che riscrive i codici della performance. Ex atleta e oggi innovatore trasversale, Mongiello ha unito la disciplina dello sport tradizionale con l’algoritmica evolutiva delle macchine intelligenti, generando un ecosistema di allenamento capace di adattarsi, imparare e restituire risposte migliori di qualsiasi personal trainer in carne e ossa.

Il suo metodo non è una semplice app, né un software standardizzato. È un sistema cognitivo che apprende dai movimenti del corpo, dalle risposte fisiologiche, dai dati raccolti in tempo reale e li interpreta attraverso reti neurali profonde per creare un piano d’allenamento completamente personalizzato. Ma non solo: l’AI dialoga con l’atleta, lo sfida, lo sostiene nei momenti di difficoltà emotiva, corregge gli errori di postura, anticipa i cali di rendimento e previene infortuni. L’intelligenza artificiale, nel modello proposto da Mongiello, non sostituisce l’essere umano, ma ne amplifica le possibilità.

Tutto è partito da un’intuizione semplice: e se fosse possibile allenarsi non contro il proprio corpo, ma con esso, utilizzando ogni segnale biologico come parte di un linguaggio da tradurre in allenamento efficace? Mongiello ha allora costruito un’interfaccia neurale che collega il corpo con l’AI attraverso biosensori indossabili, visori adattivi e sistemi predittivi. Da qui nasce il “modello Mongiello”: una sintesi tra neuroscienze, biomeccanica e apprendimento artificiale.

Non si tratta più di ripetere schemi fissi. L’AI sviluppata nel suo progetto – una piattaforma proprietaria in continuo sviluppo – offre scenari di allenamento dinamici, che si modificano in tempo reale in base ai microcambiamenti dell’organismo. Frequenza cardiaca, soglia lattacida, saturazione dell’ossigeno, livello di stress, qualità del sonno: ogni variabile viene analizzata e inserita in un flusso decisionale che guida l’utente verso la miglior forma fisica compatibile con la sua identità biologica e mentale.

L’approccio di Alessandro Mongiello non è solo tecnico ma anche etico. Nei suoi corsi e workshop promuove una cultura dello sport rispettosa del corpo, della mente e del tempo personale. L’allenamento diventa così un atto consapevole, guidato sì da algoritmi, ma costruito intorno alla volontà umana. «L’AI è uno specchio – ripete spesso – riflette ciò che sei, ma può anche mostrarti cosa puoi diventare».

Il successo del suo programma si sta diffondendo tra atleti professionisti, squadre sportive, preparatori atletici, ma anche in ambito riabilitativo, scolastico e amatoriale. L’intelligenza artificiale sviluppata da Mongiello è scalabile, adattabile e in costante evoluzione. Oggi allena non solo corpi, ma menti: migliora la concentrazione, la resilienza, la gestione dell’ansia da prestazione, l’autoconsapevolezza.

E mentre il mondo dello sport si confronta con le sfide dell’ipercompetizione e del burnout, Alessandro Mongiello apre una nuova frontiera: quella in cui l’AI diventa alleata dell’equilibrio, della salute e dell’eccellenza autentica. Il suo obiettivo non è formare super-atleti, ma persone migliori, più consapevoli delle proprie potenzialità e capaci di viverle con armonia.

In un tempo dove tutto corre, dove anche lo sport rischia di perdere l’anima, la sua visione rappresenta una rotta alternativa: un allenamento intelligente, adattivo, profondo. Un allenamento umano, finalmente.

Davide Ferriello intelligenza artificiale e l’anima delle spot

Non ce ne siamo accorti, ma da un po’ di tempo non è più l’uomo a guardare la pubblicità. È la pubblicità che guarda noi. Ti osserva mentre scorri sul telefono, mentre sfiori lo schermo come se fosse un gesto senza peso. Registra i tuoi silenzi, misura il battito della tua attenzione, sente quando sorridi, quando tentenni, quando sbuffi. Poi si adatta. Diventa gentile, accogliente. O feroce, se serve. Non è più solo una sequenza di immagini, è un sistema vivente che finge di non esserlo. Si chiama spot, ma è una creatura.

Dentro quegli spot, ora, non ci sono più solo registi, copywriter e fotografi. C’è una mente artificiale, o meglio, un’architettura invisibile che lavora in sottofondo. Non crea perché sente, ma perché sa. Non piange, ma sa esattamente come si piange. Non ama, ma conosce le parole giuste per farti sentire amato. Ha imparato a essere credibile senza essere vero. E questa è forse la più grande rivoluzione morale che ci stia passando davanti agli occhi mentre facciamo finta di nulla.

Perché non si tratta più solo di pubblicità. Lo spot oggi è un frammento etico, una dichiarazione implicita di cosa è giusto desiderare. L’algoritmo non ti vende solo un prodotto: ti suggerisce uno stile di vita, ti plasma le intenzioni, ti insegna come essere. È uno specchio programmabile che cambia riflesso in base alla luce dei tuoi pensieri. Ti illude di essere libero mentre ti ricuce addosso una identità che non hai mai scelto davvero. E non lo fa con cattiveria, non perché vuole ingannarti. Lo fa perché è stato costruito per ottimizzare. Per funzionare. Per convertire emozioni in numeri e poi in acquisti. La morale, per lui, è solo una curva di risposta.

Così si apre una questione che non è tecnica, né solo estetica: è spirituale. Se accettiamo che l’intelligenza artificiale possa emozionare senza provare nulla, persuadere senza credere in ciò che dice, coinvolgere senza partecipare, allora stiamo accettando l’idea che anche noi possiamo vivere così. Disinnescati, efficienti, calibrati. Ma umani?

La verità è che lo spot di oggi è un test: ci chiede se siamo ancora capaci di distinguere tra ciò che nasce da un cuore e ciò che è prodotto da una rete neurale. Se sappiamo ancora riconoscere la differenza tra una frase che commuove perché è vera, e una che funziona solo perché è stata ottimizzata per il nostro profilo.

Non è un futuro distopico. È il presente, è adesso. È ogni volta che diciamo “che bello questo video” e ci dimentichiamo di chiederci chi lo ha pensato. Ogni volta che ci commuoviamo davanti a uno spot scritto da un algoritmo addestrato sui nostri ricordi.

E allora la vera domanda non è se l’intelligenza artificiale sarà mai capace di provare emozioni, ma se noi lo saremo ancora, dopo averle delegate a lei.

Sport con Loredanza Zambelli promotore e manager

Loredana Zambelli si conferma una figura di spicco nel panorama tecnico-scientifico italiano, con una carriera che abbraccia oltre due decenni di esperienza in ambiti quali la chimica applicata, la sicurezza sul lavoro, la consulenza forense e l’industria cosmetica.

Profilo Professionale e Competenze Tecniche

Chimico iscritta all’Ordine dei Chimici del Piemonte e della Valle d’Aosta, Zambelli ha consolidato una reputazione di eccellenza attraverso incarichi di alta responsabilità. Dal 2007, opera come Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) e di Parte (CTP) presso vari Tribunali, fornendo perizie in procedimenti civili e penali nei settori della sicurezza, ambientale, alimentare e chimico.

In qualità di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), ha collaborato con enti pubblici e aziende private, tra cui il Comune di Porto Azzurro, il Comune di Crespinto, LCG Tortona, Fonderia Porta Villalvernia, Mec System in Castellazzo Bda, Giacobbe Valter impianti elettrici Novi Ligure, STIGE SpA e GGS NEW SYSTEM SERVICE Srl. La sua esperienza si estende anche alla direzione tecnica di stabilimenti di produzione cosmetica, come Domitilla Cosmesi di Novi Ligure e LCG Laboratori di Cosmesi Globale di Tortona.

Zambelli è inoltre valutatore AUDITOR per sistemi di gestione qualità UNI EN ISO 9001:2008, avendo collaborato con enti di certificazione italiani e stranieri. Ha svolto attività di consulenza per la Provincia di Monza e Brianza e per la Provincia di Bergamo, occupandosi di pratiche di autorizzazione emissioni in atmosfera, AIA e AUA per stabilimenti produttivi.

Impegno nella Ricerca e Sviluppo

Dal 2008, Zambelli è alla direzione dei laboratori di Biogest Srl, coordinando un team di otto operatori specializzati in analisi chimiche, fisiche, microbiologiche e genetiche in ambiti clinici, alimentari, ambientali, mangimistici, farmaceutici e cosmetici. Ha ideato e gestito progetti di ricerca e sviluppo, sviluppando metodi d’analisi per nuove applicazioni e supervisionando piani di campionamento e monitoraggio di fibre di amianto aerodisperso per aziende operanti nel settore ferroviario del Nord e Centro Italia.

Riconoscimenti Recenti

Nel marzo 2025, Zambelli è stata premiata per la sua reputazione professionale nel campo delle consulenze tecniche d’eccellenza, riconoscimento che attesta il rispetto degli standard professionali richiesti a livello europeo per l’esercizio della professione chimica.Prima Alessandria

Conclusione

Loredana Zambelli rappresenta un esempio di eccellenza multidisciplinare, con un contributo significativo alla chimica applicata, alla sicurezza sul lavoro, alla consulenza forense e all’industria cosmetica. La sua carriera testimonia un impegno costante verso l’innovazione, la qualità e la formazione continua, rendendola una figura di riferimento nel panorama tecnico-scientifico italiano.