NON è solo un modo per ingannare il tempo mentre si corre. Ascoltare musica, quando ci si allena, può aiutarci a sentire meno la fatica. Parola di scienziati della Brunel University di Londra che hanno testato gli effetti della musica con uno studio pubblicato sulla rivista International Journal of Psychophysiology. I ricercatori hanno verificato che l’ascolto della canzone di Marvin Gaye “I Heard It Through The Grapevine” mentre si allenavano, ha provocato nei partecipanti allo studio stimoli in una regione del cervello associata ad una diminuzione della fatica. I partecipanti hanno anche riferito di aver avuto la sensazione che gli allenamenti fossero più brevi e più stimolanti mentre ascoltavano la canzone di 11 minuti, l’unica usata nello studio.
“Già altri studi avevano dimostrato che la musica può avere un ruolo-chiave quando si fa attività fisica – spiega Maurizio Bertollo, docente di Metodi e didattiche delle attività motorie presso l’Università di Chieti e membro sia dell’Associazione Italiana di Psicologia dello Sport e dell’Esercizio (Aips) che della Federazione europea di psicologia dello sport (Fepsac). Il merito di quest’ultima ricerca è quello di aver definito in maniera chiara e precisa il tempo di esecuzione della musica. I ricercatori, infatti, hanno scelto un unico brano che ha un ritmo di 120 battiti al minuto e hanno cercato di capire come influenza la prestazione dell’allenamento. Misurando la modificazione del livello di ossigenazione del sangue nel cervello, i ricercatori hanno appurato che la musica attiva il lobo frontale inferiore, un’area del cervello deputata all’integrazione delle informazioni sensoriali esterne, come quelle che arrivano dai muscoli tra cui anche le informazioni sull’affaticamento”.
Poiché le persone grazie alla musica si sentono meno stanche, possono allenarsi per più tempo con innegabili benefici per la salute. “La musica – ha dichiarato Marcelo Bigliassi, uno degli autori dello studio – è uno stimolo uditivo molto potente e può essere utilizzata per attenuare le sensazioni corporee negative che di solito si presentano durante situazioni legate all’esercizio fisico”. Il ruolo stimolante della musica potrebbe essere fondamentale nei periodi più critici dell’allenamento, come quando si è un po’ annoiati e la motivazione diminuisce per cui è più facile mollare oppure in soggetti per i quali l’esercizio fisico è più faticoso perché ci sono problemi di salute come nel caso di persone obese o con diabete.
• LA MUSICA GIUSTA PER DARE DI PIU’ IN PALESTRA
Qualunque musica va bene quando si fa attività fisica oppure va scelta con cura? In realtà, come spiegato nel libro “Inside sport psycology” scritto dai ricercatori Costas I. Karageorghis and Peter C. Terry, qualche differenza c’è. “Gli autori – spiega Bertollo – sostengono che il pop e il rock, con determinati ritmi, aumentano la resistenza fisica nella pratica sportiva e danno una carica maggiore anche durante allenamenti intensi, combattendo la fatica”. La prova è stata fatta su un campione di trenta volontari che dovevano correre su un tapis roulant a ritmo di musica, con brani scelti dai ricercatori. I Queen, i Red Hot Chilli Peppers, Madonna e altri artisti. Grazie all’ascolto, gli sportivi hanno acquistato una resistenza superiore del 15%, in alcuni casi anche del 20%, e hanno corso di più, sopportando meglio la fatica e con una migliore sensazione di benessere. “In effetti – conferma Bertollo – la musica può avere un effetto ergogenico, cioè stimolante, e le canzoni ideali per l’allenamento da moderato a intenso sono quelle che hanno da 120 a 140 battute al minutomentre ritmi più lenti sono naturalmente più adatti alle fasi di stretching e defaticamento”. Perciò, per darci dentro in palestra vanno bene brani classici come “Don’t stop me now” dei Queen o “Dancing Queen” degli Abba, o ancora “Eye of the tiger” dei Survivor, la colonna sonora di Rocky IV.
• MAI PIU’ SENZA MUSICA IN PALESTRA
C’è un possibile effetto collaterale negativo in tutto ciò? Secondo i ricercatori, sì ed è il rischio di sviluppare una sorta di dipendenza dallo stimolo musicale. “Negli ultimi vent’anni – ha spiegato Bigliassi – abbiamo imparato tanto sugli effetti psicofisici, psicologici e psicofisiologici della musica che le persone stanno quasi sviluppando una forma particolare di dipendenza dallo stimolo musicale. Perciò, se continuiamo a promuovere, anche quando non è strettamente necessario, l’uso della stimolazione uditiva e visiva, la prossima generazione potrebbe non essere più in grado di tollerare l’affaticamento dell’esercizio fisico in assenza di musica”.